giovedì 1 settembre 2011

Capita, da immigrato.

Però, indipendentemente da quanto uno cerchi di essere preparato, è una bruttissima sensazione.
L'altro ieri sono stato vittima, per la prima volta, di un attacco razzista che mi ha turbato parecchio. Essendo avvenuto al lavoro non posso scendere troppo nei dettagli, ma in sostanza un cliente mi ha insultato in quanto del sud Europa, dicendo che il problema ero io e la mia provenienza.
La cosa mi ha scosso a tal punto che c'è voluto un bel po' perché smettessero di tremarmi le mani dal nervoso...
Nel lavoro di sportello, in un posto stressante come Centralstationen e a contatto con un sacco di gente sempre di corsa si mettono in conto incontri poco simpatici. L'ambiente è poi multietnico ed era già capitato di sentire insulti di carattere razzista. Ma esserne vittima cambia non poco la questione.
Mi ritengo antirazzista e difficilmente sono in grado di non arrabbiarmi o di starmene zitto quando sono testimone di episodi di razzismo o ne leggo. Decidendo di emigrare avevamo ovviamente preso in considerazione il fatto che per quanto europei e per quanto potessimo essere bravi a parlare la lingua, saremmo sempre stati degli immigrati italiani in Svezia. Eppure, quando arriva la prova dei fatti, non si è mai preparati abbastanza.
L'incredibile dose di nervoso che mi sono fatto non è dovuta solo al fatto che sono stato attaccato personalmente in quanto proveniente dal sud Europa e italiano (il mio nazionalismo è quasi pari a 0), ma anche perché ho capito più profondamente quello che tanti amici immigrati mi avevano raccontato. Hai voglia a convicerti che sì, capisci quanto sia pesante essere fermati decine di volte solo perché scuri di pelle oppure cosa significhi essere insultato in quanto sudamericano o ancora essere deriso per l'accento. Niente è più vero del vero e finché non provi certe cose sulla tua pelle non puoi capire, ma solo provarci. E così l'altro ieri ho capito e la mia rabbia è stata amplificata da quella di tanti altri, dalla rabbia che mi provocano ignoranza e stupidità, radici del razzismo.
Il fatto che mi sia incavolato così tanto non toglie niente alla consapevolezza che ci eravamo preparati bene prima di partire. Eravamo ben consci dei rischi e delle difficoltà incontrate e che un po' continuiamo a incontrare. Siamo partiti all'avventura sotto alcuni punti di vista, ma i mesi di discussione ci hanno sempre fatto rimanere con i piedi per terra e ci hanno anche fatto maturare.
 Che quel cliente in particolare si sia rivelato essere non proprio in bolla importa poco ai fini delle considerazioni di cui sopra.
Ora si tratta solo di cercare di elaborare la cosa in positivo e di trarne una lezione: partire, emigrare non è un gioco, non è una cosa che si fa a cuor leggero. Presenta rischi e ostacoli a volte notevoli.

Ma quel che è successo è il passato e ora si va avanti, ché ci sono scatole da aprire e lavori da fare nel nostro appartamentino! Le tante e gradite visite che sembrano susseguirsi senza soluzione di continuità influiscono sulla tabella di marcia, ma c'è tempo.
Lo scorso weekend sono stati qui i genitori di Elisa: abbiamo passeggiato, girato la città, chiacchierato, mangiato (un sacco!!!) e persino raccolto funghi, attività che non ha ovviamente reso Elisa felice...




4 commenti:

  1. Ehi...volevo dire qualcosa ma sono rimasta senza parole. Solo: mi spiace, ci sono esperienze che uno vorrebbe evitare.
    Un bacio, la tua sorellina :)

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  2. Buongiorno,

    Non sono sorpresa di leggere questo commento, perche mi è capitato tante volte e anche al mio marito quando abbitavamo in Svezia...Non è forse sempre un commento cattivo, ma era anche un riguardo, il modo dove in un negozio il venditore non aveva voglia di risponderci, allora che parlava tanto con clienti svedesi..
    Al lavoro di mio marito, c'erano solo due persone che volevano parlare con lui, gli altri non volevano, dicendo che non volevano parlare con un straniere del sud dell'europa...Tutte queste cose fano male, e si sente sempre un razzismo ambiente quando loro sentono parlare svedese con un accente...E veramente un peccato perche e un bel paese, ma sentirsi sempre straniero e davvero molto complicato. Scusa per il mio italiano, sono francese..

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  3. Cavolo, mi dispiace! Speriamo che non capiti più! Io per ora me la sono cavata, ma non lavoro con clienti, bensì con studenti, e il rapporto è molto diverso.
    Mi viene però da chiedere: ma come ha fatto a sapere il cliente in questione da dove vieni? Te l'ha chiesto esplicitamente?

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  4. @Anonimo francese: beh, devo dire che lo shock è dovuto al fatto che non mi era mai capitato prima. E ormai ho abitato in Svezia per due anni in tutto. Ho anzi sempre trovato molto interesse nei confronti del mio essere italiano.
    @Kata: abbiamo le targhette con nome e bandiere. Le bandiere indicano le lingue che uno parla e non è difficile indovinare la provenienza di chi sta in cassa.

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